Caro papà,
recentemente ti è capitato di chiedermi perché affermo che avrei paura di te …
Sarei stato felice di averti come amico, come superiore, come zio, come nonno,
si (sebbene con qualche dubbio), anche come suocero. Invece proprio come padre
sei stato troppo forte per me … Ero un bambino pauroso … tu sai trattare un
bambino solo secondo il tuo carattere, con forza appunto, con fracasso e
irascibilità … La sensazione di nullità che spesso mi domina ha origine in gran
parte dalla tua influenza. Avrei avuto bisogno di qualche incoraggiamento, di
un po’ di gentilezza che mi facilitasse il cammino, mentre tu me lo sbarravi
con l’intenzione, sia pure in buona fede, di farmene imboccare un altro. Io
però non ne ero capace … Solo il tuo punto di vista era giusto, ogni altro era
demenziale, stravagante, folle, anormale … alla fine non si salvava nessuno
all'infuori di te. Ai miei occhi assumevi l’aspetto enigmatico dei tiranni …
tutti i miei pensieri sottostavano alla tua pesante oppressione … Tutte le idee
apparentemente sottratte alla tua dipendenza erano fin da principio gravate dal
tuo giudizio negativo … Bastava essere felici per una cosa qualunque, esserne
presi, tornare a casa, raccontarla, e la risposta era un sospiro ironico, un
crollare la testa … Naturalmente nessuno pretendeva che ti entusiasmassi per
ogni sciocchezza infantile quando avevi le tue preoccupazioni … Inoltre le
delusioni patite da bambino non erano delusioni qualsiasi, ma colpivano in
profondità giacché provenivano da te, l’autorità suprema … Era sufficiente che
io esprimessi un certo interesse per qualcuno e tu già lo seppellivi di
insulti, calunnie e denigrazioni senza alcun rispetto per i miei sentimenti …
(Franz Kafka --- Lettera al padre ---)
Confessione commovente, scritta benissimo. A distanza di decenni, in presenza di nuove generazioni, mutati i problemi il rapporto padre-figlio resta egualmente delicato e complesso, sempre capace di forgiare o segnare un giovane.
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